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LLIBRE VERMELL DE MONTSERRAT
Un pellegrinaggio medievale
……..Ma la venerazione per una certa località terrena non necessariamente deriva dalla sua frequentazione da parte di un sant’uomo o di una personalità ancora più eccelsa: talvolta è la stessa conformazione fisica del suolo a suggerire a cuori particolarmente sensibili e ricettivi di essere in presenza di uno spazio straordinario, privilegiato, un luogo cosmico che riassume nelle sue fattezze eccezionali l’eterna dialettica mondo-uomo-dio. A Montserrat in Catalogna un grandioso scenario naturale, fatto di aspre guglie rocciose, ospita almeno dal IX secolo il famoso santuario dove è venerata la statua di una misteriosa madonna nera con il figlioletto sulle ginocchia. Maria regge nella destra il globo, simbolo del potere regale, il bambino tiene nella sinistra una pigna, probabile immagine di fertilità: anche se non sappiamo delineare con precisione tutti i dettagli, si tratta evidentemente di un idolo pagano consegnato intatto al cristianesimo trionfante. In epoca medievale il santuario godeva di grande fama per le sue virtù taumaturgiche, in particolare riguardo al cosiddetto “Fuoco di sant’Antonio”. Qui giunti, i fedeli praticavano il rito della procumbatio, antica usanza devozionale-terapeutica consistente nel passare la notte in chiesa nei pressi dell’idolo, scandendo il tempo con canti e danze di ispirazione religiosa. Dal momento che i pellegrini provenivano un po’ da tutta Europa, i generi e le tradizioni musicali si mescolavano come in un calderone, contaminandosi fra loro in una sorta di brodo di coltura fecondo di novità. Questi inni e cantici vennero raccolti agli inizi del XIV secolo e trascritti in un volume pergamenaceo che prese il nome di Llibre vermell cioè Libro vermiglio dal colore della coperta in legno realizzata per rilegarlo. Il Llibre vermell rappresenta un tesoro musicale senza pari poiché, oltre alle comportamentali e le preghiere per i pellegrini il codice contiene dieci brani con la notazioni musicale. Fra gli splendidi motivi che compongono il repertorio in onore della madonna di Montserrat spicca il testo dell’inno Polorum regina (Regina dei cieli), sul quale appare opportuno soffermarsi un attimo perché esso sembra in grado, meglio di altri, di dirci qualcosa sulle motivazioni del pellegrinaggio medievale. Si tratta di una danza dal ritmo lento e solenne, da cui il canto si leva come un mormorio, quasi indistinto all’inizio. Le tre strofe di cui esso si compone esaltano con accenti diversi la condizione di inviolabilità della Madonna prima, durante e dopo il parto: “Prima del parto, vergine, che Dio fece pregna…”, “E nel parto, vergine, da Dio fecondata…” , “E dopo il parto, vergine, madre splendente…”. Ogni strofa si chiude con lo stesso verso: “Sempre rimanesti inviolata” (Semper permansisti inviolata) a sottolineare la condizione di integrità di Maria, nonostante abbia messo al mondo un figlio. Il ritornello che scandisce il brano, ripetuto innumerevoli volte, è per noi rivelatorio: Stella mattutina, dele scelera! cioè “stella del mattino, cancella tutte le scelleratezze”. Un po’ sbrigativamente si traduce di solito questo termine latino, scelera, con “peccati”, dando così una connotazione moraleggiante a tutto il testo, ma si tratta di una lettura parziale e forzata, fuorviante: scelus etimologicamente richiama il delitto contro l’umanità, non la banale mancanza in pensieri, parole e opere. Siamo quindi sul piano della vita concreta, dura, che non lascia scampo; la vita della persona comune priva di protezioni, il cui scorrere è brutalizzato dalle sopraffazioni del potente a danno del debole, delle gravidanze indesiderate che si concludono nello scempio atroce del parto, quando la morte e la vita si sfiorano e il gelido contatto fa accapponare la pelle agli astanti; si avverte tutto il grido della carne dolente che si ribella ad un destino penoso che non si può capire né tanto meno accettare. Maria, simbolo senza tempo della madre-terra, è in grado di passare oltre tutto questo, intatta, inalterabile, perenne. Noi moderni siamo soliti attribuire alla figura della Madonna tratti di un sentimentalismo infantile, etereo, quasi disincarnato: ma così travisiamo l’immagine sua originale, che nell’antinomia vergine-madre gode di un carattere di trasgressività assoluta. Maria non ha bisogno della canonizzazione pontificale, essa appartiene al popolo prima che all’istituzione. A lei, raffigurata a Montserrat efficacemente nella statua nera dal sorriso enigmatico, si può andare liberamente e con fiducia a chiedere la grazia, inerpicandosi per la faticosa salita che conduce ai 1000 metri del santuario.
Andrea Barlucchi - "Mille passi verso Dio, viaggio lungo le strade della fede nel Medioevo dalla Toscana a Santiago di Compostela". 2009, Editoriale Olimpia
Un pellegrinaggio medievale
……..Ma la venerazione per una certa località terrena non necessariamente deriva dalla sua frequentazione da parte di un sant’uomo o di una personalità ancora più eccelsa: talvolta è la stessa conformazione fisica del suolo a suggerire a cuori particolarmente sensibili e ricettivi di essere in presenza di uno spazio straordinario, privilegiato, un luogo cosmico che riassume nelle sue fattezze eccezionali l’eterna dialettica mondo-uomo-dio. A Montserrat in Catalogna un grandioso scenario naturale, fatto di aspre guglie rocciose, ospita almeno dal IX secolo il famoso santuario dove è venerata la statua di una misteriosa madonna nera con il figlioletto sulle ginocchia. Maria regge nella destra il globo, simbolo del potere regale, il bambino tiene nella sinistra una pigna, probabile immagine di fertilità: anche se non sappiamo delineare con precisione tutti i dettagli, si tratta evidentemente di un idolo pagano consegnato intatto al cristianesimo trionfante. In epoca medievale il santuario godeva di grande fama per le sue virtù taumaturgiche, in particolare riguardo al cosiddetto “Fuoco di sant’Antonio”. Qui giunti, i fedeli praticavano il rito della procumbatio, antica usanza devozionale-terapeutica consistente nel passare la notte in chiesa nei pressi dell’idolo, scandendo il tempo con canti e danze di ispirazione religiosa. Dal momento che i pellegrini provenivano un po’ da tutta Europa, i generi e le tradizioni musicali si mescolavano come in un calderone, contaminandosi fra loro in una sorta di brodo di coltura fecondo di novità. Questi inni e cantici vennero raccolti agli inizi del XIV secolo e trascritti in un volume pergamenaceo che prese il nome di Llibre vermell cioè Libro vermiglio dal colore della coperta in legno realizzata per rilegarlo. Il Llibre vermell rappresenta un tesoro musicale senza pari poiché, oltre alle comportamentali e le preghiere per i pellegrini il codice contiene dieci brani con la notazioni musicale. Fra gli splendidi motivi che compongono il repertorio in onore della madonna di Montserrat spicca il testo dell’inno Polorum regina (Regina dei cieli), sul quale appare opportuno soffermarsi un attimo perché esso sembra in grado, meglio di altri, di dirci qualcosa sulle motivazioni del pellegrinaggio medievale. Si tratta di una danza dal ritmo lento e solenne, da cui il canto si leva come un mormorio, quasi indistinto all’inizio. Le tre strofe di cui esso si compone esaltano con accenti diversi la condizione di inviolabilità della Madonna prima, durante e dopo il parto: “Prima del parto, vergine, che Dio fece pregna…”, “E nel parto, vergine, da Dio fecondata…” , “E dopo il parto, vergine, madre splendente…”. Ogni strofa si chiude con lo stesso verso: “Sempre rimanesti inviolata” (Semper permansisti inviolata) a sottolineare la condizione di integrità di Maria, nonostante abbia messo al mondo un figlio. Il ritornello che scandisce il brano, ripetuto innumerevoli volte, è per noi rivelatorio: Stella mattutina, dele scelera! cioè “stella del mattino, cancella tutte le scelleratezze”. Un po’ sbrigativamente si traduce di solito questo termine latino, scelera, con “peccati”, dando così una connotazione moraleggiante a tutto il testo, ma si tratta di una lettura parziale e forzata, fuorviante: scelus etimologicamente richiama il delitto contro l’umanità, non la banale mancanza in pensieri, parole e opere. Siamo quindi sul piano della vita concreta, dura, che non lascia scampo; la vita della persona comune priva di protezioni, il cui scorrere è brutalizzato dalle sopraffazioni del potente a danno del debole, delle gravidanze indesiderate che si concludono nello scempio atroce del parto, quando la morte e la vita si sfiorano e il gelido contatto fa accapponare la pelle agli astanti; si avverte tutto il grido della carne dolente che si ribella ad un destino penoso che non si può capire né tanto meno accettare. Maria, simbolo senza tempo della madre-terra, è in grado di passare oltre tutto questo, intatta, inalterabile, perenne. Noi moderni siamo soliti attribuire alla figura della Madonna tratti di un sentimentalismo infantile, etereo, quasi disincarnato: ma così travisiamo l’immagine sua originale, che nell’antinomia vergine-madre gode di un carattere di trasgressività assoluta. Maria non ha bisogno della canonizzazione pontificale, essa appartiene al popolo prima che all’istituzione. A lei, raffigurata a Montserrat efficacemente nella statua nera dal sorriso enigmatico, si può andare liberamente e con fiducia a chiedere la grazia, inerpicandosi per la faticosa salita che conduce ai 1000 metri del santuario.
Andrea Barlucchi - "Mille passi verso Dio, viaggio lungo le strade della fede nel Medioevo dalla Toscana a Santiago di Compostela". 2009, Editoriale Olimpia